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Chi detiene i diritti sulle opere create da algoritmi? E l'uso dell’Intelligenza Artificiale generativa viola il diritto d'autore?
Con 523 voti a favore, 46 contrari e 49 astensioni, pochi giorni fa il Parlamento Europeo ha approvato l’AI Act, prima legge sull’intelligenza artificiale complessa a disciplinarne l’uso al fine di proteggere la privacy e gli altri diritti dei cittadini europei.
Tra le discussioni più calde emerge quella sulla proprietà intellettuale: intelligenza artificiale e copyright sembrano non riuscire a trovare un accordo in campo legislativo.
Un tema di crescente importanza riguarda non solo chi detiene i diritti sulle opere create da algoritmi, ma anche se l’uso dell’Intelligenza Artificiale generativa possa violare il diritto d’autore.
Proviamo a fare chiarezza.
Disciplinato in Italia dalla Legge n. 633/1941, il diritto d’autore serve a proteggere e valorizzare le opere creative e i loro artefici. Non vi è nessuna procedura da eseguire per ottenerne il riconoscimento: il copyright diventa diritto inviolabile con la nascita dell’opera. Emanata per proteggere il lavoro “umano”, la legge sulla tutela della proprietà intellettuale entra quindi in crisi quando si tratta di prodotti creativi di altra natura.
Dalla letteratura alle arti grafiche fino alla produzione musicale, molti sono i campi d’azione in cui l’AI generativa ha dimostrato di saper operare con successo. Un esempio diventato virale è il featuring tra Drake e The Weeknd “Heart on my sleeve”, dedicato all’ormai ex di entrambi Selena Gomez. La canzone, creata e distribuita online da un famoso creator conosciuto come @ghostwriter, è il risultato di un software AI addestrato utilizzando un vasto corpus delle opere dei due autori e di brani popolari. Il pezzo è una copia fedele delle voci e dello stile dei due cantanti che di quelle parole non ne hanno però mai cantata una.
La scelta dei dati usati per addestrare l’AI durante il “training” è fondamentale: influisce direttamente sulle opere che essa produce. Se l’algoritmo viene istruito con materiale protetto da copyright, come immagini, musica o testi, si aprono importanti questioni legali.
Una sfida ulteriore è capire se le opere generate artificialmente siano davvero “originali” e se il processo di creazione sia quindi legittimo. Un’argomentazione possibile è che queste possano essere considerate come “opere derivate”. Per opera derivata si intende un prodotto che ne incorpora o trasforma uno già esistente, violando quindi i diritti d’autore originali. Una questione che è ancora oggi oggetto di dibattito e di sviluppo giuridico.
Diamo ora per certo che l’opera artificiale sia considerabile originale; chi sarebbe il legittimo proprietario? L’IA, il suo sviluppatore o il titolare dei dati utilizzati per l’addestramento?
Le attuali leggi sul diritto d’autore non si adattano pienamente alle opere generate da AI, perché nascono, come abbiamo detto, per tutelare il lavoro umano.
Ognuna delle risposte plausibili apre la porta a nuovi interrogativi:
La giurisprudenza è ancora in fase di discussione, ma abbiamo già alcuni importanti precedenti a cui riferirci quando discutiamo di AI e copyright.
Dopo che, il 27 dicembre 2023, il New York Times ha intentato una causa contro OpenAI e Microsoft per l’uso improprio dei suoi archivi, la complessità del rapporto tra diritto d’autore e intelligenza artificiale è risultata sempre più evidente.
OpenAI ha respinto la maggior parte delle accuse, difendendo l’uso dei dati come “fair use” e sottolineando che ChatGPT non riproduce esattamente i testi archiviati online dal giornale. Tuttavia, contemporaneamente, l’azienda di Sam Altman ha avviato trattative con alcuni editori per ridurre il rischio di future azioni legali.
Tra le partnership più chiacchierate quelle con il francese Le Monde e il gruppo editoriale spagnolo Promotora de Informaciones (Prisa). L’accordo prevede l’utilizzo dei contenuti prodotti da entrambe le aziende per migliorare i sistemi di intelligenza artificiale (AI) utilizzati da ChatGPT, permettendogli di offrire agli utenti contenuti di qualità superiore sia in francese che in spagnolo. OpenAI non ha divulgato dettagli sui pagamenti a Le Monde e Prisa ma, secondo alcune fonti indiscrete, la cifra si aggirerebbe tra uno e cinque milioni di dollari l’anno per accesso tramite licenza.
Si parlerà molto di diritto d’autore e intelligenza artificiale. Per adeguarsi alla massiccia presenza dell’AI, la legge sull’intelligenza artificiale sta esplorando nuove direzioni che mettono in discussione anche i concetti cardine di originalità e creatività.
Le nuove tecnologie sono un dato di fatto imprescindibile con vantaggi non indifferenti per chi impara a servirsene.
È importante però comprendere le differenze tra l’autenticità di una vacanza tra amici e la ricostruzione di quella esperienza da parte di un modello AI e ricordarci di apprezzare entrambi gli ambienti per le loro peculiarità uniche.