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Onboarding o “come tenere i talenti in cassaforte”
Dai selfie di gruppo alla caccia al tesoro virtuale, un onboarding coinvolgente può essere la risposta creativa per abbattere il turnover.
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Negli anni dello streaming, il sistema delle royalties definisce chi beneficia dal consumo e dalla diffusione delle opere musicali. Artisti, etichette e piattaforme si inseriscono in un intricato sistema di compensazione finanziaria.
Fino agli anni ‘90 c’era il vinile; vennero poi le musicassette con nastro magnetico, apice della cultura pop, e infine i CD, con una migliore qualità sonora e la possibilità di saltare direttamente alla traccia desiderata. Oggi la distribuzione della musica è digitale: lo streaming ci offre un catalogo infinito di canzoni e ci permette di ascoltare qualsiasi brano ovunque ci troviamo.
Mai come nell’ultimo anno, le dinamiche del settore sono state al centro di numerosi dibattiti. Dal ritiro di Sangiovanni da Sanremo al post di critica di Ghemon, che ha accusato l’industria musicale di essere “inquinata dal culto dei numeri e dei sold out” è risultato evidente quanto sia difficile per un artista emergere nell’epoca delle cifre. A sostegno della polemica, uno studio recente dell’Università Cattolica e Itsright ha rivelato che quasi l’80% dei musicisti non riesce a generare un reddito significativo dalle piattaforme di streaming.
Ma come siamo arrivati qui e cosa è cambiato nell’industria musicale di oggi?
Spotify, sovrano indiscusso della musica in streaming, nasce il 23 aprile 2006 da un progetto di Daniel Ek e Martin Lorentzon, stravolgendo radicalmente il mercato e diventando il motore dell’industria musicale worldwide.
Il suo successo risiede sicuramente nel modello di business: si può ascoltare musica gratuitamente, ma esiste anche l’opzione di passare al piano Premium per chi desidera una proposta maggiormente personalizzata. In più, offre un’esperienza fluida, intuitiva e di alta qualità.
Con un principio molto simile si sono evolute tutte le altre piattaforme di distribuzione di musica digitale come Amazon Music, Tim Music, YouTube e Deezer.
Non possiamo ignorare nemmeno l’apporto delle piattaforme social più innovative come Reels, Twitch e TikTok (nato non a caso da Musical.ly), che combinano audio e video; e gli User Generated Content (UGC) come YouTube, Twitch, Instagram e TikTok, che permettono agli utenti l’uso di musica protetta da copyright.
Fino ai primi anni 2000, i supporti fisici sono stati la principale fonte di guadagno per l’industria musicale. Intorno al 2004, però, con l’avvento del download digitale e della musica in streaming, le cose hanno iniziato a prendere una piega differente, fino a diventare la fonte principale di introiti.
Secondo il Global Music Report 2024 dell’IFPI, i ricavi globali dell’industria musicale hanno raggiunto quest’anno i 28,6 miliardi di dollari, segnando il nono anno consecutivo di crescita. Il 62,1% del totale della musica registrata proviene dallo streaming, sia tramite abbonamenti che pubblicità, generando 13,4 miliardi di dollari.
Anche nello stivale la situazione è parsa rosea; il 2023 ha segnato una milestone, con una crescita del mercato del 18,8%, superiore alla media mondiale, per un totale di 440 milioni di fatturato. Lo streaming, con un aumento del 16,2% rispetto all’anno precedente, è stato ancora una volta il traino: rappresenta il 65% dei ricavi del mercato, pari a 287 milioni di euro, e conta oltre 6,5 milioni di abbonati premium alle piattaforme (+9%). Queste sono risultate le più remunerative, con un segmento che ha visto una crescita del 18,4%, raggiungendo oltre 190 milioni di euro di ricavi.
La distribuzione di musica digitale è il processo che permette agli artisti di caricare i loro brani su piattaforme di streaming e negozi di musica online. I guadagni di questo provengo principalmente dalle royalties, pagate ad ogni ascolto secondo cifre che possono variare notevolmente in base alle piattaforme.
Questi sono suddivisi tra:
Le royalties derivanti dallo streaming si dividono in due categorie: le subscriptions audio stream (i ricavi generati dagli abbonamenti alle piattaforme di streaming) e le ad-supported stream (i ricavi generati dalla pubblicità sulle piattaforme).
Ogni brano è tutelato dal diritto d’autore e dai diritti connessi, che garantiscono i compensi ai vari attori della produzione musicale. Nel mercato dello streaming un ruolo importante è rivestito dalle organizzazioni di gestione dei diritti come ASCAP, SIAE, BMI, SESAC che si occupano di negoziare con le piattaforme per assicurare pagamenti equi basati sugli ascolti e sulle visualizzazioni. Oltre a raccogliere i compensi e distribuirli agli aventi diritto, queste devono inoltre ottenere licenze dai titolari dei diritti musicali per poter operare, definendo i termini di pagamento per l’uso delle opere.
Il principale problema risiede proprio negli accordi, molto complessi e spesso non in grado di coprire tutti i possibili scenari. Controversie legali e richieste di risarcimento per le piattaforme e gli utenti sono quindi all’ordine del giorno.
Per risolvere queste situazioni, oltre che individuare e gestire l’uso non autorizzato della musica, le piattaforme utilizzano algoritmi di riconoscimento. Tuttavia, i sistemi non sono infallibili, causando anche il blocco ingiustificato di contenuti legittimi.
La challenge è quindi questa: trovare un equilibrio tra la protezione dei diritti degli artisti e la libertà creativa dei creator.
È evidente che la remunerazione dei diritti nell’industria musicale di oggi è un argomento complesso. Le etichette, i produttori e i gestori dei diritti d’autore spesso mantengono le informazioni riservate, limitando la collaborazione; in netto contrasto con l’approccio collaborativo promosso invece dall’Internet of Things e dall’Industry 4.0.
La Blockchain si presenta come una soluzione innovativa: attraverso l’uso di contratti intelligenti (smart contracts), le transazioni relative ai diritti d’autore possono essere automatizzate e registrate in modo permanente. Ogni volta che una canzone viene riprodotta o acquistata, le informazioni sui diritti e sulle royalties vengono aggiornate automaticamente. Questo permetterebbe di ricevere pagamenti in tempo reale, eliminando intermediari e riducendo il rischio di errori o frodi.
La blockchain assicura anche una maggiore trasparenza, consentendo a tutti i partecipanti di verificare le transazioni e aumentando così la fiducia nel sistema. È chiaro, allora, che potrebbe giocare un ruolo fondamentale, ma occorre un cambiamento culturale verso l’innovazione digitale e una collaborazione aperta tra gli attori del settore.
L’adozione avanzata dei Big Data sta trasformando radicalmente il modo in cui le case discografiche e le piattaforme operano, modificando sia il lavoro di produzione che di distribuzione musicale.
Attraverso l’uso di algoritmi di machine learning e analisi predittiva, le etichette possono individuare talenti emergenti e predire il successo dei brani. Anche la gestione dei diritti d’autore beneficia di questo approccio: analizzando visualizzazioni e interazioni degli utenti, si garantisce una ripartizione più equa e tempestiva delle royalties. Inoltre, l’analisi dei dati supporta la creazione di nuove opere che rispecchiano le preferenze degli ascoltatori.
Anche l’esperienza utente giova dell’uso delle intelligenze artificiali, attualmente integrate in un gran numero di piattaforme di distribuzione di musica digitale. Gli algoritmi di raccomandazione personalizzata allineano ai gusti individuali degli utenti i brani suggeriti, mentre le comunicazioni mirate tra piattaforma e utente diventano più efficienti e pertinenti.
L’industria musicale oggi sembra non poter fare a meno delle nuove tecnologie, eccone una prova: 10 brani generati artificialmente che devi ascoltare.