Onboarding o “come tenere i talenti in cassaforte”

Vision

Dai selfie di gruppo alla caccia al tesoro virtuale, un onboarding coinvolgente può essere la risposta creativa per abbattere il turnover.


onboarding_un articolo di HRM group_illustrazione di Armando Borrelli

“Il cuore, Osborn. Prima di tutto lo attacchiamo al cuore”, dice Goblin in Spider-Man, ma potrebbe tranquillamente essere il motto di un manager della Silicon Valley. Qui, l’onboarding è una vera missione: le aziende si giocano tutto già dal primo giorno, cercando di conquistare i nuovi arrivati. Pinterest, ad esempio, li accoglie con una sessione di selfie di gruppo per farli familiarizzare con i colleghi e il core business, Shopify li coinvolge in una caccia al tesoro online, mentre Zendesk li porta a visitare progetti comunitari. La prima impressione è tutto, e non solo nella Silicon Valley.

 


Onboarding: è davvero necessario?


Se ti stai chiedendo perché un buon inserimento aziendale sia così cruciale, ci sono alcuni dati che meritano attenzione. Negli Stati Uniti, il 33% dei nuovi manager cerca un nuovo impiego entro i primi sei mesi, mentre il 22% abbandona l’azienda entro il primo anno. Questi numeri, emersi da uno studio di Keith Ferrazzi pubblicato su Harvard Business Review, evidenziano un problema spesso sottovalutato: la difficoltà di integrare efficacemente i nuovi assunti all’interno dell’organizzazione.

L’onboarding, da solo, non può chiaramente risolvere il problema del turnover, che è influenzato maggiormente dalla condivisione dei valori aziendali, dall’attenzione verso il benessere dei dipendenti e da un adeguato equilibrio tra vita lavorativa e privata. Tuttavia, come recita il detto, chi ben comincia è a metà dell’opera. Un efficace processo di benvenuto facilita l’integrazione nella cultura aziendale, aiuta a comprendere rapidamente ruoli e responsabilità, e fa sentire il nuovo arrivato parte del team fin dal primo giorno.

Un caloroso “Welcome on board” porta con sé numerosi vantaggi!

  • Fidelizza le new entry: quando i dipendenti si sentono accolti e integrati, è meno probabile che cerchino opportunità altrove.
  • Aumento della produttività: un onboarding strutturato fornisce ai nuovi arrivati gli strumenti e le conoscenze necessarie per essere operativi il più velocemente possibile.
  • Miglioramento della soddisfazione: sentirsi parte del team e avere un chiaro orientamento sul proprio ruolo aumenta motivazione e benessere sul lavoro.

Welcome Kit: un regalo non si rifiuta mai


Il welcome kit è come un aperitivo prima di cena: non ne hai davvero bisogno, ma lo sorseggi volentieri.

Non solo dimostra l’apprezzamento dell’azienda, ma aiuta a rafforzare l’impegno e la lealtà dei neoassunti, facendo sentire ogni membro del gruppo ben accolto e valorizzato.

Alcuni Welcome Kit sono davvero particolari. DigitalOcean, uno dei provider di hosting più popolari al mondo, ad esempio, ha un modo di accogliere “i nuovi” che non passa inosservato. Lo fa con palloncini sulle scrivanie e regali come t-shirt, enormi pantofole di peluche e borracce in metallo. Ogilvy & Mather, invece, opta per un approccio più sobrio: offre una scatola raffinata contenente una copia esclusiva del “libro rosso” scritto dal fondatore David Ogilvy, un volume non disponibile in commercio e accessibile solo per i membri dell’agenzia. E poi c’è Deloitte, che punta sulla praticità con un kit che include una palla antistress e una fascia elastica, per aiutare i dipendenti a rilassarsi nei momenti difficili. Che premurosi.


Inserimenti aziendali di successo: imparare da quelli bravi


Bando alle ciance…

Abbiamo analizzato alcune delle aziende con i migliori programmi di onboarding in circolazione.


L’Onboarding di Miro


Probabilmente hai già sentito parlare di Miro, il software per lavagne bianche usato da migliaia di persone e aziende nel mondo. Miro ha un team in crescita con oltre 1.000 dipendenti e, pur distribuendo un prodotto pensato per il lavoro da remoto, ha uffici in Europa, Asia, Australia e Nord America.

Il suo onboarding dura più di 90 giorni e segue un piano 30-60-90, ispirato al libro “I primi 90 giorni” di Michael Watkins. Questo aiuta a strutturare il periodo iniziale di lavoro, definendo progetti e obiettivi chiari. Nei primi 30 giorni, i nuovi arrivati si dedicano all’ascolto e all’apprendimento, concentrandosi sulla comprensione dell’organizzazione, dei processi e della cultura aziendale, interagendo con i membri del team e analizzando le operazioni quotidiane.

Nei successivi 30, si occupano di pianificare e definire strategie, sviluppando un piano d’azione dettagliato. Infine, passano all’esecuzione del piano e alla revisione dei progressi. Miro incoraggia i nuovi dipendenti a essere proattivi e autonomi, supportandoli con l’aiuto dei manager, che guidano e stabiliscono le aspettative. Questo processo aiuta a consolidare le modifiche e a dimostrare risultati concreti.


Buffer


Questo strumento di social media è diventato un leader di nicchia, noto per la sua totale trasparenza. Ogni anno l’azienda condivide pubblicamente profitti, costi e stipendi, attirando così nuovi talenti. Sin dalla fondazione opera completamente da remoto, un aspetto molto apprezzato dai dipendenti.

I nuovi arrivati ricevono cinque e-mail prima del loro primo giorno, ognuna delle quali fornisce informazioni fondamentali sull’organizzazione, il team e il ruolo. Queste includono: un messaggio di benvenuto, la raccolta delle informazioni di base, l’introduzione a manager e colleghi, una panoramica degli strumenti di lavoro e le aspettative per il primo giorno.

La cosa davvero particolare è il “sistema dei tre compagni di viaggio“. Ogni nuovo assunto viene affiancato da un trio di supporto composto da: il responsabile delle assunzioni, un “compagno di cultura” e un “compagno di ruolo”. Questo team offre assistenza tecnica, emotiva e culturale, con check-in regolari per un’integrazione senza intoppi. Dovremmo tutti avere un trio così per la vita.


Onboarding di Zappos


L’inserimento aziendale di Zappos parte con un video: in meno di sei minuti vengono illustrate la cultura aziendale e l’importanza del contributo di ciascun dipendente.

Il video è pubblico, così che i candidati possano dare un’occhiata e farsi un’idea di com’è l’ambiente di lavoro ancor prima di entrarci. Un metodo furbo perché aiuta anche a reclutare nuovi talenti. Insomma, due piccioni con una fava!



Benvenuti in Google


A differenza degli esempi precedenti, l’onboarding di Google si distingue per il ruolo centrale attribuito ai manager. Il giorno prima dell’inizio di un nuovo dipendente, questi ricevono una notifica automatica con cinque compiti da completare:

  • assegnare un compagno o un “amico”;
  • discutere ruolo e responsabilità;
  • aiutare il nuovo arrivato a conoscere i colleghi;
  • organizzare check-in regolari per i primi sei mesi;
  • incoraggiare la comunicazione aperta su eventuali problemi.
È più semplice orientarsi quando sai sin da subito cosa fare e chi contattare.

Ogni nuovo arrivato è un’opportunità


Se sei arrivato fin qui, congratulazioni: hai capito che, in un mercato del lavoro dove la competizione è più agguerrita di una finale di campionato, un buon onboarding non è solo un “nice to have”, ma una mossa importante.

Un benvenuto ben orchestrato non solo crea un ambiente di lavoro stimolante e in sintonia con gli obiettivi aziendali, ma offre anche un vantaggio competitivo niente male. Quando i nuovi assunti si sentono supportati e coinvolti fin dal primo giorno, la loro integrazione è più rapida e la fidelizzazione all’azienda aumenta. Quindi, ricorda: ogni nuovo arrivato è un’opportunità per fare la differenza.


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